“Trattativa Stato – mafia”, la sentenza d’Appello

La Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha emesso la sentenza di secondo grado al processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia all’epoca delle stragi. I dettagli.

Il processo di secondo grado, nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta “trattativa” tra Stato e mafia all’epoca delle stragi del ’92 e del ’93, è iniziato il 29 aprile del 2019. I giudici della Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Angelo Pellino, a latere Vittorio Anania e sei componenti della Giuria popolare, si sono ritirati in Camera di Consiglio, nell’aula bunker del carcere “Pagliarelli” a Palermo, lunedì scorso 20 settembre. E hanno emesso sentenza su sei imputati del reato di minaccia e violenza a Corpo politico dello Stato, articolo 338 del Codice penale, ossia gli ex ufficiali del Ros dei Carabinieri, Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, l’ex senatore Marcello Dell’Utri, e i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà. In primo grado le contestazioni a carico dell’imputato Giovanni Brusca sono state dichiarate estinte per prescrizione grazie alle attenuanti e agli sconti di pena previsti per i collaboratori di giustizia. E allo stesso modo la prescrizione è intervenuta anche per il reato contestato a Massimo Ciancimino, il concorso esterno alla mafia, perché risalente a non oltre il gennaio 1993. Dunque: sono stati assolti gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, e il senatore Marcello Dell’Utri. Pena ridotta da 28 a 27 anni per Bagarella. Condanna confermata a 12 anni per Antonino Cinà. Lo scorso 7 giugno, i sostituti Procuratori Generali, Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, a conclusione della requisitoria, hanno invocato la conferma delle condanne inflitte, in primo grado, dopo 201 udienze, dalla Corte d’Assise presieduta dal giudice Alfredo Montalto, il 20 aprile del 2018. Ovvero: 28 anni di carcere a carico di Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, e unico corleonese storico in vita dopo la morte di Provenzano e Riina. Poi 12 anni di reclusione per il generale dei Carabinieri del Ros, Mario Mori, già a capo del servizio segreto civile. E 12 anni sono stati proposti anche per un altro ex Carabiniere in servizio al Ros a cavallo del periodo di tempo incriminato, il generale Antonio Subranni, 12 per il medico mafioso Antonino Cinà, e ancora 12 anni per l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, che ha già scontato la pena di 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. E poi 8 anni per il colonnello, all’epoca capitano del Ros, Giuseppe De Donno. Secondo la tesi delle Procure inquirenti, tra il 1992 e il 1994, tra le stragi di Capaci, via D’Amelio, e gli attentati di Roma, Firenze e Milano, vi sarebbe stato il tentativo di interrompere tale escalation, la cosiddetta “strategia stragista” di Riina, tramite il dialogo con la mafia. E così Cosa Nostra avrebbe ricattato lo Stato con la complicità di uomini dello Stato.

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