La Commissione antimafia sull’agguato Antoci

Dopo le indagini sul “sistema Montante”, la Commissione regionale antimafia, presieduta da Claudio Fava, dallo scorso maggio ha indagato su quanto accaduto in provincia di Messina la notte del 18 maggio del 2016 quando il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, fu bersaglio di un agguato: l’automobile blindata con a bordo Antoci, in viaggio al rientro da Cesarò, dove partecipò ad un evento, fu costretta allo stop a causa di alcuni massi in strada. E lo stop fu l’occasione per l’attentato: tre spari esplosi contro la portiera della blindata. Daniele Manganaro, vice questore di Messina, capo del commissariato di Sant’Agata di Militello, sopraggiunse dietro alla blindata con l’automobile di servizio e sparò contro gli assalitori, scongiurando il peggio. Tra le persone ascoltate dalla Commissione antimafia vi è stata Lorena Ricciardello, compagna di Tiziano Granata, uno dei poliziotti della scorta di Giuseppe Antoci, morto improvvisamente l’1 marzo del 2018. Il giorno successivo, il 2 marzo, morì anche Rino Todaro, capo della polizia giudiziaria di Sant’Agata di Militello. Granata e Todaro, tra i più fidati collaboratori del vice questore Manganaro, sono stati in servizio nel pool eco-mafie sui Nebrodi, ed entrambi sono morti ad un solo giorno di distanza, quasi due anni dopo l’attentato, per malattie improvvise: Granata per arresto cardiocircolatorio e Todaro per una leucemia fulminante, in circostanze poco trasparenti. A tutto ciò si aggiunge l’archiviazione delle indagini da parte della Magistratura sia per l’attentato che per le due morti. Adesso, dopo cinque mesi, la Commissione regionale antimafia ha concluso il proprio lavoro e la conclusione, votata all’unanimità dai componenti, è: “Delle tre ipotesi formulate (un attentato mafioso fallito, un atto puramente dimostrativo, una simulazione) la meno plausibile appare il fallito attentato mafioso con intenzioni stragiste. E sulla base di tale conclusione, secondo la Commissione Fava, bisogna riavviare le indagini, attualmente archiviate. Ecco perché il testo sarà a disposizione della Commissione nazionale antimafia e di tutte le Procure competenti. E nella relazione, tra l’altro, si legge: “Non è plausibile che l’auto blindata sia stata abbandonata, che Antoci sia stato esposto al rischio del fuoco nemico, che si sia fuggiti sull’automobile di servizio non blindata, e che si siano lasciati due poliziotti sul posto esposti alla reazione dei killer. Non è plausibile che gli attentatori, almeno tre, presumibilmente tutti armati, non aprano il fuoco sui due poliziotti sopraggiunti al momento dell’attentato sull’automobile di servizio. Non è plausibile che, sui 35 chilometri di statale a disposizione tra Cesarò e San Fratello, il presunto commando mafioso scelga di organizzare l’attentato proprio a due chilometri dal rifugio della Forestale, presidiato anche di notte da personale armato, né è plausibile che gli attentatori non fossero informati su tale circostanza. E’ censurabile che il dottor Manganaro abbia offerto su alcuni punti versioni diverse da quelle che aveva fornito ai Pubblici ministeri in sede di sommarie informazioni. E non si comprende la ragione per la quale alla Polizia scientifica sul posto dell’agguato non sia stato chiesto di valutare se la Thesis blindata di Antoci avrebbe potuto superare il blocco delle pietre sulla carreggiata, e quanto tempo e uomini occorressero per posizionare quelle pietre. L’auspicio è che su questa vicenda si torni ad indagare (con mezzi certamente ben diversi da quelli di cui dispone la Commissione regionale antimafia) per un debito di verità che va onorato. Qualunque sia la verità”.

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