“Dpcm”, le incongruenze tra bar, ristoranti, scuole e mercati

Le piazze italiane, anche in Sicilia, sono gremite da titolari di bar e ristoranti, in protesta perché indispettiti e furibondi a seguito della chiusura totale in zona rossa, o parziale nell’arancione e nella gialla, imposta dal nuovo Decreto del presidente del Consiglio dei ministri. Sul piede di guerra vi sono anche tanti genitori di alunni delle scuole dell’infanzia, elementari e medie, costretti a frequentare in presenza le lezioni, diversamente dagli studenti delle scuole superiori, per i quali è stata disposta la didattica a distanza. Infatti, sia nel caso di bar e ristoranti, che delle scuole inferiori, è sollevata una incongruenza che oggettivamente sarebbe più che condivisibile, ovvero: se la chiusura di bar e ristoranti mira a scongiurare assembramenti e diffusione del contagio, ci si domanda legittimamente se tali assembramenti non ricorrano pericolosamente anche innanzi alle scuole aperte, negli spazi scolastici comuni, e poi in tanti mercati rionali che diversi sindaci, come ad esempio ad Agrigento, hanno autorizzato a proseguire le proprie attività di esposizione e di vendita della merce. Tuttavia, se nei mercati la presenza delle forze dell’ordine garantisce o dovrebbe garantire il rispetto delle prescrizioni contro il contagio, ciò invece non è praticabile all’esterno o all’interno delle scuole. Peraltro, tra le scuole inferiori incombe anche un altro problema: l’obbligo di indossare la mascherina. Non tutti, soprattutto i più piccoli, dai 6 anni in su, sono capaci di tollerare l’occlusione della mascherina per diverse ore. Alcuni bambini, ad esempio, soffrono di asma, o di allergie, e l’uso della mascherina per parecchio tempo aggrava tali patologie. Sarebbero opportune quindi delle modifiche al Dpcm, valido fino al prossimo 3 dicembre. Alla scadenza dunque tali incongruenze si auspica siano risolte alleviando un pesante disagio a danno di alcune fasce sociali.

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